Con la recente sentenza del 24 febbraio 2022, la Corte di Giustizia è tornata ad esprimersi sui contratti di assicurazione sulla vita "unit-linked" e, in particolare, sulla portata dell'obbligo di informativa precontrattuale, soprattutto in caso di contratti in forma collettiva. La pronuncia si esprime sulle vicende di taluni consumatori polacchi che – dopo aver aderito tra il 2010-2011 ad un prodotto "unit-linked" stipulato da una società contraente terza – hanno subito perdite significative del capitale investito a seguito del decremento del controvalore delle quote collegate a tale prodotto e, quindi, richiesto la restituzione dei premi versati lamentando una carenza di informativa precontrattuale.

La Corte di Giustizia si è innanzitutto pronunciata sulla posizione dell'aderente, equiparandola per specifici profili a quella del contraente: pertanto, anche l'aderente deve, prima dell'adesione stessa, ricevere tutte le informazioni che la normativa prescrive vengano fornite al contraente prima della stipulazione del contratto in modo tale da poter effettuare una scelta consapevole in merito al prodotto più consono alle proprie esigenze, soprattutto nel caso in cui i premi pagati siano investiti in derivati o strumenti finanziari strutturati.

E ancora, la Corte di Giustizia pone in capo al contraente della polizza collettiva e non all'impresa l'obbligo di informativa precontrattuale nei confronti dell'aderente, qualificando il contraente quale intermediario assicurativo, pur in assenza di una disposizione, all'interno dell'allora vigente direttiva IMD (la Insurance Mediation Directive), che individui espressamente il soggetto su cui grava l'obbligo di informazione.

In particolare, il contraente deve trasmettere all'aderente le informazioni a sua volta ricevute dall'impresa di assicurazione, corredate da ogni altra informazione necessaria alla luce delle richieste e delle esigenze dell'aderente, tenuto altresì conto della complessità del prodotto offerto.

Sebbene la sentenza sia stata resa sulla base del quadro normativo antecedente alla direttiva IDD, essa fornisce, in ogni caso, alcuni spunti interessanti.

In primo luogo, essa avalla la strada intrapresa da IVASS in sede di attuazione della direttiva IDD (la Insurance Distribution Directive) che richiede, anche in caso di distribuzione di prodotti di investimento assicurativi, l'osservanza delle regole di condotta del Regolamento IVASS n. 40/18: pertanto, gli obblighi di informativa precontrattuale e di consegna della relativa documentazione, nonché di valutazione delle richieste ed esigenze del cliente si applicano tanto nei confronti contraente che degli aderenti che sostengono in tutto o in parte, direttamente o indirettamente, l'onere dei premi.

In secondo luogo, la pronuncia conferma – in continuità con i precedenti arresti giurisprudenziali - che il rapporto tra impresa di assicurazione ed aderente ad un contratto "unit-linked" si qualifica quale contratto d'assicurazione sulla vita, orientamento cui è già conforme anche la giurisprudenza di merito nazionale (tra cui, il Tribunale di Roma con le note sentenze "gemelle" del 28 maggio 2021). La Corte non ha, tuttavia, colto l'occasione di questa pronuncia per esprimersi in merito ai requisiti minimi in termini di rischio demografico che tali prodotti devono soddisfare per poter rientrare nel ramo vita III, di fatto precedendo la posizione assunta da IVASS in occasione della pubblica consultazione avviata l'11 marzo scorso di revisione della regolamentazione dei prodotti "linked" (che si limita a richiedere che sia prevista "l'assunzione da parte dell'impresa di un effettivo impegno a stabilire e liquidare prestazioni il cui valore sia dipendente dalla valutazione del rischio demografico", senza stabilire soglie percentuali minime).

Infine, la Corte delega agli ordinamenti nazionali la determinazione delle conseguenze di una carenza informativa, senza prefigurare una nullità o invalidità del contratto: conclusione, questa, che è coerente con la giurisprudenza nazionale, anche di legittimità, secondo cui la violazione del dovere di informativa precontrattuale costituisce, anche rispetto a contratti di assicurazione sulla vita a contenuto finanziario, una condotta negligente del distributore che determina il diritto al risarcimento del danno ma che non integra gli estremi per far valere la nullità del contratto.

In attesa quindi dei prossimi interventi di riforma della regolamentazione IVASS relativa alle polizze linked, la Corte di Giustizia ha quindi fornito un autorevole conforto, a livello sovranazionale, della traduzione nazionale dei principi ispiratori della IDD.

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